Dipingere il male: le Pitture nere di Goya

Un artista fondamentale per la storia d’arte europea che ha saputo esprimere egregiamente la sua posizione critica sull’esser umano: Francisco Goya. Dopo aver avuto successo come ritrattista di corte, realizza le sue opere più conosciute, denunciando la guerra e il male in generale. Quest’ultimo aspetto emerge chiaramente nella produzione tardiva: una serie di 14 opere che prendono il nome di Pitture nere.

Il primo dei moderni

Francisco Goya è considerato il pioniere dell’arte moderna. Anzi, vissuto a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, viene spesso indicato come l’ultimo degli antichi maestri e il primo dei moderni. Il punto di svolta della sua vita artistica si può individuare nel 1973, anno in cui l’artista ha sofferto di una grave malattia che l’ha reso sordo. Sebbene riuscirà in pochi anni a raggiungere il grado più alto per un pittore di corte spagnolo, da lì in poi, le sue pitture diventeranno sempre più cupe e pessimiste.

Un altro evento che ha segnato profondamente l’artista è stata la Guerra d’Indipendenza spagnola contro l’esercito napoleonico. Il quadro più conosciuto di questo periodo è senza dubbio La fucilazione del 3 maggio 1808.

Le altre opere della maturità includono, invece, un’ampia varietà di dipinti riguardanti i temi della follia, dei manicomi e della corruzione, sia religiosa che politica.

L’ultimo periodo

Nel 1819, Goya acquista una casa nella periferia madrilena, la cosiddetta Quinta del Sordo. Al suo interno, ormai definitivamente deluso dalla situazione bellica, realizza nella sua abitazione 14 opere murali caratterizzate da scene cromaticamente e tematicamente oscure. Queste opere lugubri e funeree prendono il nome di Pitture nere (Pinturas negras).

La disposizione delle Pitture nere all’interno dell’abitazione

I soggetti delle opere spaziano dall’immaginario biblico a quello classico, fino a giungere all’esoterismo vero e proprio. L’artista mette in scena diverse situazioni con la finalità di rappresentare l’irrimediabile sconfitta dell’uomo contro il male. Goya, dunque, incanala in queste opere tutta la sua delusione per il fallimento dell’illuminismo e la preoccupazione per la situazione contingente, servendosi a volte di allegorie provenienti dalla tradizione come mezzo. Goya evidenzia un’immensa capacità di concepire il brutto, il deforme e l’orrido. Le opere sono accomunate anche dall’aspetto del colore, sempre tendente al nero o ai toni neutri delle terre. Possono sembrare delle opere di difficile interpretazione, ma Tela spiego meglio io.

Un’emblema di questo periodo, caratterizzato da una composizione molto semplice e priva di tutti gli elementi considerati superflui dal pittore, è Cane interrato nella sabbia (Perro enterrado en arena). In uno scenario completamente vuoto, l’unico elemento che spicca è la testa di un cane visibilmente in difficoltà, come si può notare dallo sguardo impaurito. Il piccolo animale non vuole morire, per questo lotta duramente e tiene la testa alta, ma ciò che lo condanna è soprattutto la solitudine da cui è circondato.

Emerge il pensiero di Goya sulla natura: nient’altro che un enorme meccanismo ciclico di distruzione e ricostruzione, con la sola finalità del perpetuarsi dell’esistenza stessa. La sofferenza, dunque, appartiene all’uomo in quanto fase necessaria al mantenimento dell’ordine naturale delle cose. Il pensiero di Goya ricorda molto quello espresso da Giacomo Leopardi nelle Operette morali, in particolare nel Dialogo tra la Natura e un islandese.

Tra esoterismo e stregoneria

Il XIX secolo in Europa è stato un periodo in cui le accuse di stregoneria e le persecuzioni legate a esse stavano rapidamente diminuendo rispetto ai secoli precedenti. Tuttavia, alcuni residui di credenze e paure legate alla stregoneria persistevano in alcune comunità. In generale, si trattava più di una questione di superstizione popolare e di folklore che di persecuzioni ufficiali. Una delle pitture più note della composizione del Quinto del Sordo si confronta proprio con questo tema: si tratta de Il sabba delle streghe.

Il sabba delle streghe è tradizionalmente un raduno notturno di streghe, stregoni e creature sovrannaturali, spesso immaginato come un luogo di celebrazione di riti magici, demoniaci o pagani, fino a stringere patti con il diavolo. Nell’opera, quest’ultimo è rappresentato dal caprone che si trova sulla parte sinistra della composizione. Osservando con attenzione, sembra quasi che sia la folla a rappresentare il pericolo maggiore: tutte le persone sono rappresentate con volti deformati, demoniaci e sono intente a offrire un bambino come vittima sacrificale, molto probabilmente per siglare un eventuale patto con Satana.

La sub-umanità di queste persone è enfatizzata dalle loro fisionomie bestiali e dai loro sguardi idiotici.

Brian McQuade, storico dell’arte

Il messaggio che Goya sembra voler trasmettere rappresenta un rovescio di paradigma. Spesso si affida la provenienza del male all’esterno, o meglio, a qualcosa che si allontana dalla realtà dell’uomo come mostri o demoni; in quest’opera costituisce qualcosa intrinsecamente legata all’essere umano. Concetto confermato da un dettaglio non irrilevante: la disumanizzazione della folla. Quest’ultima annulla l’individualità delle persone fino a renderle delle creature terrificanti intrise di male.

Mitologia classica

La più famosa delle Pitture nere è, senza dubbio, Saturno divora i suoi figli (Saturno devorando a su hijo). Se in altre occasioni, come quella sopracitata, l’artista aveva attinto all’immaginario esoterico, in quest’opera Goya si rivolge alla mitologia classica.

Nel mito di Crono (corrispondente greco del latino Saturno) un oracolo aveva predetto al titano che uno dei suoi neonati, una volta cresciuto, lo avrebbe spodestato.

Davanti all’immortalità che lui stesso aveva conferito ai suoi figli, l’unica alternativa contemplata risulta molto macabra e sinistra. Egli, infatti, iniziò a ingerire i figli, per evitare che una volta cresciuti potessero fare avverare la profezia dell’oracolo.

È proprio questa l’immagine che Goya decide di presentare ai nostri occhi. Un Saturno intento a mordere il corpo, già martoriato e insanguinato, di uno dei suoi figli. Quello che spicca maggiormente è lo sguardo del titano, completamente alienato e allucinato. La scelta di un rosso così intenso, per il sangue, entra in contrasto con il resto della scena, contribuendo a renderla ancora più oscura ed efferata.

Tra le varie interpretazioni dell’opera, le più accreditate sono di diversa natura, da un lato una più universale e dall’altra una più politica. Per quanto riguarda l’interpretazione universale, si ritiene che il quadro possa rappresentare il potere distruttivo del tempo, così come il mito. Questo si può declinare nella condizione umana attraverso una lotta tra vecchiaia e gioventù. Da un punto di vista politico, invece, Saturno potrebbe essere ricondotto a una rappresentazione del sovrano Ferdinando VII, il quale, attraverso il ripristino dell’assolutismo, “mangia” i suoi sudditi.

A differenza di Rubens, che aveva già trattato questo mito con un quadro in cui il gesto risulta più freddo e calcolato, Goya rappresenta un Saturno completamente travolto dalla follia. Proprio per questa sua portata espressiva, l’opera è diventata un’icona della pittura di Goya ma soprattutto una delle più significative dell’arte figurativa europea.

Spero che addentrarti nelle pitture nere di Goya ti abbia incuriosito e che le opere ti abbiano affascinato. Io, come sempre, ti aspetto al prossimo appuntamento per portare lo sguardo oltre la cornice!

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