Dal non luogo alla galleria: Pietro Terzini a Milano

Chi ha detto che la tela bianca sia l’unico letto adatto a ospitare un’opera d’arte? Di certo non Pietro Terzini, artista emergente che decide di esprimere la sua creatività sopra delle shopping bags. Sono le sue opere le protagoniste della mostra ospitata in galleria Glauco Cavaciuti, a Milano, dal 01 al 30 Marzo.

Artista della Gen Z

Pietro Terzini, classe 1990, è diventato una delle personalità artistiche più amate sui social dalla Gen Z. Dopo essersi laureato in architettura, ha lavorato per sei anni come Head of Digital per The Blonde Salad di Chiara Ferragni. Oggi, con le sue opere in stile ready-made, racconta la sua visione del mondo, servendosi in maniera poco convenzionale anche della moda. Tela spiego più avanti.

https://www.instagram.com/pietro.terzini/

Il suo profilo instagram oggi conta 540k followers, riscuotendo successo soprattutto nei confronti di una fascia di pubblico considerata generalmente difficile da raggiungere: quella dei ventenni. Pietro trova la chiave d’accesso al loro mondo nel linguaggio contemporaneo e in un concept a prima vista molto semplice. La base per le sue opere è costituita da shopping bag di marchi di moda ben noti a tutti come Hermes, Nike, Adidas, Prada e molti altri; questi si trasformano in letti su cui si stendono parole che costruiscono messaggi spesso connotati da un senso ironico.

Cosa vuoi davvero? Cortocircuito con la realtà

L’artista viene prima travolto da un successo virtuale e poi reale. È il caso dell’installazione su Torre Velasca durante il periodo natalizio del 2022. L’idea nasce sulla base della frase che è sulla bocca di tutti durante le feste “a natale basta il pensiero” ma a cui nessuno si attiene nel concreto, finendo per fare acquisti su acquisti. Hines promuove così quest’iniziativa attraverso due opere di Terzini nel centro storico di Milano. La prima in cima ai 106 metri d’altezza di Torre Velasca, con un gioco di luci che riporta What do you rally want? Sono certa che anche tu avrai beccato nel feed del tuo instagram almeno un contenuto relativo a questa installazione. Infatti, questa ha raggiunto un rapido e notevole successo mediatico che ha portato chiunque passasse di lì ad alzare lo sguardo per godere dello spettacolo, e perché no, creare anche qualche contenuto per i social.

La seconda nell’hub di Spiga 26 The best things are not things. Il pensiero di Pietro crea un cortocircuito con la realtà nella quale interviene. La domanda, infatti, viene posta a tutti quei passanti che sono presi dalle spese natalizie, concretizzandosi come un invito a riflettere sui valori autentici del Natale.

Dal digitale alla creatività tangibile

L’artista riesce a creare la simbiosi perfetta tra temi salienti per la Gen Z, come il concetto di sostenibilità inevitabilmente richiamato dal riciclo delle shopping bags, e lo sguardo ironico, leggero e romantico che offrono le frasi o parole che compaiono su di esse. Il risultato sono opere uniche nel loro genere ed espressione dello spirito pop contemporaneo. L’idea arriva dalla vita parallela che l’artista conduce di giorno, pienamente calato nel mondo del digital marketing in una New Media Agency.

Le continue sfilate di sacchetti e scatole di brand famosi hanno costruito terreno fertile per la sua creatività. È così che arriva l’intuizione di trasformare qualcosa destinato al rifiuto in arte. L’intuizione è quella di creare qualcosa di nuovo che prendesse spunto da tutti quei contenuti divulgati esclusivamente in rete da pagine social, ma che li portasse a una condizione di unicità. Come? Evitando di realizzare delle grafiche che potessero essere riprodotte in serie, ma rendendole reali, dei progetti unici e fisici.

Brand del paradosso

Pietro è riuscito a coniare uno stile pop unico, tale per cui la sua riconoscibilità è infallibile e immediatamente riconducibile alla sua espressione artistica. Complice di ciò anche la caratteristica intrinseca dei brand più famosi: essere riconosciuti dagli occhi di tutti. I brand riescono a comunicare con le sue opere grazie a parole che interagiscono con gli stessi. Era inevitabile il ricorso ai brand, ormai diventati una nuova religione che domina lo scenario collettivo della cultura popolare, coinvolgerli significa denunciare il consumismo, la globalizzazione e l’iper-connessione che caratterizzano i nostri giorni. È a tal proposito che citiamo una delle sue opere più conosciute: la nota the best things are not things.

È evidente la doppia lettura che l’artista ricerca per molti dei suoi progetti, iconico è quello della Nike, brand celebre per il suo slogan just do it che nell’espressione artistica di Pietro Terzini subisce un capovolgimento paradossale, e si trasforma in risposta: didn’t do it.

One more day: Pietro Terzini a Milano

One more day è la mostra ospitata in galleria Glauco Cavaciuti dal 01 al 30 Marzo. L’intera esposizione gioca con un velo di ironia sui valori frivoli che vengono posti in primo piano nella nostra società.

La chiave di lettura che mi piacerebbe condividere con questa riflessione è quella di considerare le shopping bags come tele che rappresentano i valori che l’artista respinge della nostra società. È attraverso le frasi semplici, ma incisive che Pietro Terzini riesce a sovvertire e superare gli stessi, mettendo in evidenza i veri valori che l’individuo dovrebbe perseguire, al di là del materialismo dei brand e delle convenzioni superficiali.

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